La Chiesa, che può contenere circa 7.000 fedeli, pur nella sua apparente semplicità architettonica è estremamente articolata. La struttura di sostegno della sala superiore, che si apre sull’ampio spazio del sagrato esterno e sovrasta la cripta inferiore, è caratterizzata da una serie di elementi costruttivi ad arco formati da moduli in pietra naturale. Si tratta della pietra calcarea di Apricena, una pietra molto compatta che viene estratta a profondità elevate nelle cave dell’omonima località garganica, non lontana da San Giovanni Rotondo.
I conci di pietra, in serie da cinque o sei pezzi, sono stati assemblati in maxi-conci, montati con interposizione di malta rinforzata da fibre di acciaio inox e collegati al loro interno con potenti cavi di precompressione, in grado di contrastare l’eventuale energia degli eventi sismici. L’originale utilizzo di diversi materiali, quali pietra, legno, acciaio e rame, è il risultato dell’unione di diverse competenze, nonché di un lavoro approfondito di ricerca e sperimentazione che rende la Chiesa di Padre Pio un esempio di grande innovazione architettonica.
Il lavoro di progettazione strutturale è iniziato nel 1996, dopo la scomparsa del geniale ingegnere strutturista inglese Peter Rice, amico e consulente di Renzo Piano che ha lasciato in eredità quest’idea così difficile da concretizzare. La realizzazione dell’opera era ulteriormente complicata dalla sismicità del luogo, elemento che ha imposto condizioni di sicurezza ancora più elevate rispetto a un normale progetto. È stato grazie alle prime analisi al computer di modelli tridimensionali che simulano il comportamento strutturale in ogni condizione di carico, compreso l’effetto di terremoti di elevata intensità, che si è potuto assicurarsi della fattibilità dell’intervento.
Fin dalle fasi iniziali, il progetto prevedeva un doppio ordine di archi in pietra disposti ogni dieci gradi, secondo linee radiali convergenti in un punto fisso. Questa scelta progettuale, oltre a caratterizzare la geometria costruttiva dell’intero complesso, ha spinto inevitabilmente a valicare nuove frontiere nell’uso del materiale deputato alla costruzione degli archi – i quali raggiungono luci di 45 m e altezze fino a 16 m. La forma quasi parabolica e la sezione variabile degli archi, infatti, non sono dovute a scelte estetiche, trattandosi piuttosto di accorgimenti necessari per distribuire al meglio il carico della copertura sugli archi e assicurarne la sicurezza.
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