Il lavoro di progettazione strutturale è iniziato nel 1996, dopo la scomparsa del geniale ingegnere strutturista inglese Peter Rice, amico e consulente di Renzo Piano, che ha lasciato in eredità un’idea, un concetto, difficile da trasformare in opera compiuta.
A rendere ancora più impegnativa questa impresa è stata la sismicità del luogo che ha imposto condizioni di sicurezza più elevate rispetto a un normale progetto.
Attraverso le prime analisi al computer di modelli tridimensionali che simulano il comportamento strutturale in ogni condizione di carico, compreso l’effetto di terremoti di elevata intensità, è stato possibile assicurarsi che l’opera fosse realmente eseguibile.
Fin dalle fasi iniziali il progetto prevedeva un doppio ordine di archi in pietra disposti ogni dieci gradi, secondo linee radiali convergenti in un punto fisso. Questa scelta progettuale, oltre a caratterizzare la geometria costruttiva dell’intero complesso, ha spinto inevitabilmente a valicare nuove frontiere nell’uso del materiale deputato alla costruzione degli archi. La forma quasi parabolica e la sezione variabile degli archi non sono infatti il risultato di scelte estetiche, ma sono accorgimenti necessari per distribuire al meglio il carico della copertura sugli archi e assicurarne la sicurezza.
Gli archi, che sostengono il tetto, raggiungono luci di 45 m e altezze fino a 16 m.
Sono realizzati in Apricena, una pietra calcarea molto compatta, estratta a profondità elevate nelle vicine cave dell’omonima località. I conci di pietra, in serie da cinque o sei pezzi, sono stati assemblati in maxi conci, montati con interposizione di malta rinforzata da fibre di acciaio inox e collegati al loro interno con potenti cavi di precompressione, in grado di contrastare l’eventuale energia degli eventi sismici.