L’opera musicale Prometeo. Tragedia dell’ascolto è una composizione innovativa e sperimentale: concepita come una serie di suoni in movimento, drammatizza attraverso la musica un testo creato da Massimo Cacciari, derivato dalla commistione di testi di autori antichi e contemporanei, da Eschilo a Walter Benjamin. Per la sua opera, Luigi Nono immaginava una scenografia non convenzionale e flessibile, un involucro in grado di evolvere insieme alla musica, facendo parte esso stesso del processo creativo.
La scenografia ideata da Renzo Piano rovesciava il concetto tradizionale di teatro, posizionando la platea, destinata a 400 persone, nello spazio centrale e collocando l’orchestra attorno ad essa, su tre diversi ordini di ballatoi. Inoltre, i musicisti dovevano spostarsi durante l’esecuzione, transitando su scale e passerelle, e la direzione dell’orchestra, affidata al Maestro Abbado, era condotta da remoto, con l’ausilio di monitor video.
L’interesse di Renzo Piano per la musica, l’“architettura più immateriale che possa esistere”, ebbe occasione di concretizzarsi grazie a Luigi Nono, che coinvolse l’architetto nell’allestimento della sua innovativa opera musicale: il Prometeo. Tragedia dell’ascolto.
L’architetto, che all’epoca si stava dedicando alla costruzione di una piccola barca in legno lamellare, attinse proprio alla sua esperienza nella costruzione di scafi per imbarcazioni e alle sue conoscenze musicali, in particolare al funzionamento delle casse armoniche degli strumenti a corda.
Secondo il desiderio del compositore, Piano concepì una scenografia che ribaltava il concetto tradizionale di teatro, collocando il pubblico al centro della scena e posizionando i musicisti, su più livelli, attorno a esso. L’architetto progettò infatti uno “scafo” a base quadrata di 25 metri per lato, sollevato dal pavimento grazie a un sistema di travi a reticolo che, piegandosi ad angolo retto, si trasformavano in piedritti. Questi sostenevano una struttura metallica più leggera, su tre livelli, e presentavano tamponamenti laterali composti da sottili pannelli di legno che si potevano rimuovere o aggiungere, per assecondare i tempi di riverbero del suono.
La struttura, semplice ed essenziale, è stata realizzata in legno lamellare e acciaio e assemblata mediante giunzioni meccaniche.
Il legno lamellare, all’epoca nuova tecnologia, permise di realizzare le costolature principali a sostegno della platea per gli spettatori e della struttura metallica su ballatoi, dedicata agli orchestrali.
Le grandi travi di legno lamellare orizzontali, verticali e curvilinee, seguendo lo schema delle strutture degli scafi di legno, sostenevano l’intero impianto, come un’impalcatura chiusa su se stessa. Una struttura secondaria in acciaio tratteneva i pennoni e sosteneva i pannelli perimetrali, rettilinei o ricurvi a seconda dei casi, che avevano funzione di tamponamento e allo stesso tempo fungevano da cassa armonica.
Supporti metallici consentivano la sopraelevazione della platea, lasciando uno spazio sottostante per il foyer e avvicinando lo spazio scenico alla volta della chiesa, al fine di migliorare ulteriormente l’acustica nel suo complesso.
La struttura non si presentava dunque fissa e immutabile, ma si prestava a un veloce smontaggio e riassemblaggio in altre location, adattandosi alla qualità acustica dello spazio che l’avrebbe ospitata.
Dopo il debutto nella chiesa di San Lorenzo, la scena è stata utilizzata per l’allestimento in uno dei capannoni dello stabilimento dell’Ansaldo di Milano, per un’ulteriore serie di esecuzioni.
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