
‘Prometeo. Tragedia dell’ascolto’ è un’opera del compositore veneziano Luigi Nono, realizzata in occasione della Biennale Musica del 1984. Lavoro innovativo e sperimentale, è concepito come una serie di suoni in movimento che drammatizzano un testo curato da Massimo Cacciari a partire da scritti di autori antichi e contemporanei, da Eschilo a Walter Benjamin. Nelle intenzioni di Luigi Nono, anche la scenografia doveva essere flessibile e anticonvenzionale, un involucro in grado di evolvere insieme alla musica, parte integrante del processo creativo.
La progettazione della scenografia fu affidata a Renzo Piano. Seguendo il desiderio del compositore, il progetto si basò sul rovesciamento dell’impostazione tradizionale di teatro, posizionando la platea nello spazio centrale e collocando l’orchestra attorno al pubblico, su tre diversi ordini di ballatoi. Questa soluzione permetteva inoltre ai musicisti di spostarsi durante l’esecuzione, transitando su scale e passerelle. L’illuminazione fu curata da Emilio Vedova e a dirigere l’orchestra fu il Maestro Claudio Abbado, da remoto, con l’ausilio di monitor video.
Grazie a Luigi Nono, Renzo Piano ebbe occasione di concretizzare il suo interesse per la musica, “l’architettura più immateriale che possa esistere”. L’architetto, che all’epoca si stava dedicando alla costruzione di una piccola barca in legno lamellare, attinse per il progetto dalla sua esperienza nella costruzione di scafi per imbarcazioni e dalle sue conoscenze musicali, in particolare per quanto riguarda il funzionamento delle casse armoniche degli strumenti a corda.
L’architetto progettò uno “scafo” a base quadrata di 25 metri per lato, sollevato dal pavimento grazie a un sistema di travi a reticolo. Queste, piegandosi ad angolo retto, si trasformavano in piedritti che sostenevano una struttura metallica più leggera, su tre livelli. A loro volta, i piedritti presentavano tamponamenti laterali composti da sottili pannelli di legno che si potevano rimuovere o aggiungere, per assecondare i tempi di riverbero del suono.
La struttura, semplice ed essenziale, venne realizzata in legno lamellare e acciaio e assemblata mediante giunzioni meccaniche. Il legno lamellare, che all’epoca era una tecnologia nuova, permise la realizzazione delle costolature principali a sostegno della platea per gli spettatori e della struttura metallica su ballatoi, dedicata agli orchestrali. Le grandi travi orizzontali, verticali e curvilinee, seguendo lo schema delle strutture degli scafi di legno, sostenevano l’intero impianto, come un’impalcatura chiusa su sé stessa. Una struttura secondaria in acciaio tratteneva i pennoni e sosteneva i pannelli perimetrali, rettilinei o ricurvi a seconda dei casi, che svolgevano la doppia funzione di tamponamento e di cassa armonica.
Una serie di supporti metallici consentivano la sopraelevazione della platea, lasciando uno spazio sottostante per il foyer e avvicinando lo spazio scenico alla volta della chiesa, al fine di migliorare ulteriormente l’acustica nel suo complesso. La struttura non si presentava dunque fissa e immutabile, ma si prestava a un veloce smontaggio e riassemblaggio in altre location, adattandosi alla qualità acustica dello spazio che l’avrebbe ospitata. Dopo il debutto a Venezia nella chiesa di San Lorenzo, la struttura venne utilizzata per l’allestimento del ‘Prometeo. Tragedia dell’ascolto’ in uno dei capannoni dello stabilimento dell’Ansaldo di Milano, per un’ulteriore serie di esecuzioni.
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