Il complesso è composto da due torri, la più alta delle quali raggiunge quasi 100 metri, arretrate al piano strada rispetto ai piani superiori in modo da generare un naturale ampliamento della piazza. L’edificio è percorso da un articolato sistema di spazi verdi, che dall’esterno fino alla sommità della struttura, passando per la hall d’ingresso, costituiscono una sorta di “spina verde”, particolarmente visibile dall’esterno in corrispondenza dei piani speciali. Sono questi i punti in cui la facciata si apre, accentuando la propria trasparenza e svelando la vegetazione presente all’interno.
Il materiale protagonista è il vetro, che caratterizza l’aspetto esteriore dell’edificio sia come elemento di trasparenza che come motivo di composizione. Questo avviene grazie al fatto che la superficie della facciata è mossa da un andamento a cuspide, in cui si alternano fasce trasparenti e fasce opache. L’inclinazione delle cuspidi varia gradualmente lungo l’asse verticale dell’edificio mano a mano che si sale, accentuando ulteriormente la dinamicità estetica della facciata.
La scelta di procedere a una decostruzione controllata del vecchio Hotel Michelangelo per recuperarne i materiali e riutilizzarli nel nuovo edificio rientra in un generale sforzo di riutilizzo di risorse già prodotte e di contenimento delle emissioni. A questo scopo, è stato necessario effettuare una decostruzione controllata dell’edificio precedente, per mezzo di una tecnica innovativa e sicura, ecologica e veloce. Un’operazione avvenuta per mezzo di una macchina modulare, che si adatta alla forma della struttura e smantella la torre dall’alto verso il basso mantenendo al suo interno tutto ciò che viene prodotto dalla demolizione, come macerie, vetri, polveri e detriti, ma anche rumori, vibrazioni e acqua nebulizzata.
La decostruzione così condotta procede interessando contemporaneamente tre piani alla volta e comprende diverse operazioni, quali lo smantellamento delle facciate, la demolizione del piano e la rimozione delle macerie. Mano a mano che i lavori avanzano, la piattaforma perde gradualmente quota in modo controllato, fino al raggiungimento del livello zero e al completo smantellamento dell’edificio. Un approccio che apre al concetto di “urban mining”, ovvero la possibilità di ottenere materie prime a partire dall’ambiente urbano esistente.
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